Pignoramento del conto corrente
Il conto corrente rappresenta per molte persone un importante strumento di gestione finanziaria, dove vengono accumulati i risparmi derivanti dal lavoro. Tuttavia, è importante riconoscere che il conto corrente non è immune da rischi, soprattutto nel caso in cui il suo titolare si trovi in uno stato di inadempienza nei confronti di un creditore.
Il pignoramento del conto corrente è una delle misure che un creditore può adottare per recuperare i propri crediti. Questa procedura può risultare particolarmente gravosa per il titolare del conto, poiché comporta il blocco dei fondi presenti sul conto e la loro eventuale trasferimento a favore del creditore.
Il processo di pignoramento del conto corrente rientra nelle cosiddette “procedure di pignoramento presso terzi”, che consentono al creditore di espropriare i beni del debitore detenuti da terzi per soddisfare il proprio credito. In questo caso, il conto corrente viene considerato come un bene mobile del debitore detenuto presso un terzo, cioè l’istituto finanziario.
È importante per il titolare del conto comprendere il funzionamento di questa procedura al fine di valutare se e in che misura sia possibile evitare o mitigare le conseguenze del pignoramento. Ciò potrebbe includere la conoscenza dei propri diritti e delle procedure da seguire per difendersi o cercare soluzioni alternative.
Presupposti del pignoramento
Il pignoramento del conto corrente richiede che il creditore disponga di un titolo esecutivo, che può essere ottenuto attraverso un atto giudiziario, una sentenza o un decreto ingiuntivo. Questo titolo esecutivo attesta la situazione debitoria del proprietario del conto corrente nei confronti del creditore. Senza un tale titolo esecutivo, non è possibile procedere con il pignoramento del conto corrente, a meno che non vi sia un’autorizzazione specifica derivante da motivazioni precise.
L’obiettivo del pignoramento del conto corrente è recuperare il credito perduto attraverso un’azione legale motivata. Quando una banca diventa terza pignorata a seguito di un pignoramento eseguito sui rapporti bancari intestati al debitore, ha l’obbligo di comunicare al creditore procedente, entro dieci giorni dalla notifica, le eventuali somme a credito del cliente entro il limite del pignoramento stesso. Inoltre, deve informare il creditore della presenza di eventuali pignoramenti, sequestri o cessioni notificati o accettati in data anteriore al pignoramento in questione.
Conseguenze del pignoramento di conto corrente
Quando un conto corrente viene pignorato, il proprietario del conto viene notificato dell’avvenuto pignoramento e del blocco del conto. Questo avviso è solitamente inviato dalla banca o dall’istituto postale presso il quale è situato il conto corrente. In seguito a tale notifica, il proprietario del conto non può più effettuare prelievi e l’accesso ai fondi è limitato.
In situazioni estreme, la banca o l’istituto postale potrebbero decidere di chiudere il conto corrente pignorato. Tuttavia, il titolare del conto non può chiudere autonomamente il conto una volta che è stato pignorato, poiché l’atto di pignoramento notificato alla banca o all’istituto postale provoca il blocco immediato del conto corrente del debitore.
Se il debitore possiede più conti correnti, il pignoramento di solito viene applicato su tutti i conti. L’obiettivo dei creditori è recuperare la somma spettante loro, e se sul conto corrente è presente un importo di credito superiore al debito da saldare, una parte del conto rimane non pignorata. Questo significa che il debitore potrebbe mantenere una parte dei fondi presenti sui suoi conti correnti, anche se una parte significativa potrebbe essere bloccata per soddisfare il debito in sospeso.
Conto corrente di dipendenti o pensionati
Esistono delle regole che limitano l’importo che può essere pignorato da un conto corrente, specialmente se il titolare è un lavoratore dipendente o un pensionato. Queste regole sono progettate per proteggere una parte dei redditi del debitore per garantire che possa continuare a sostenere le sue necessità di base, come il vitto, l’alloggio e le spese quotidiane.
Nel nostro ordinamento, l’importo pignorabile è determinato in base al reddito mensile del debitore e alle leggi che regolano il pignoramento presso terzi. Di solito, viene calcolato un importo minimo intoccabile (il cosiddetto “minimo vitale”) e solo la parte eccedente può essere pignorata.
Per i lavoratori dipendenti, è importante notare che parte del salario potrebbe essere soggetto a pignoramento per soddisfare i debiti pendenti, ma esiste comunque un limite massimo che può essere pignorato. Inoltre, ci sono alcune categorie di reddito, come le pensioni sociali o invalidità, che potrebbero godere di una protezione ancora maggiore contro il pignoramento.
Conto corrente cointestato
Quando il rapporto bancario è cointestato al debitore insieme a un’altra persona estranea alla procedura esecutiva, la banca può vincolare l’intero saldo attivo presente sul conto corrente fino alla concorrenza dell’importo pignorato, senza tenere conto delle quote presunte di spettanza dei singoli titolari.
In questo caso, l’avviso del pignoramento deve essere notificato anche agli altri co-titolari del conto corrente. A costoro viene fatto divieto di lasciare separare dal debitore la sua parte delle cose comuni senza l’ordine del giudice.
L’avviso ai co-titolari dei beni indivisi deve contenere diverse informazioni, tra cui l’indicazione del creditore pignorante, il bene pignorato, la data dell’atto di pignoramento e la data della trascrizione di esso. Inoltre, deve essere incluso un invito rivolto agli interessati a comparire davanti al Giudice Esecutivo per sentire dare i provvedimenti di separazione delle quote. Il Giudice, su istanza del creditore pignorante o dei co-titolari e sentiti tutti gli interessati, può provvedere, se possibile, alla separazione della quota in natura spettante al debitore secondo le regole del codice.
Infine, l’avviso deve essere sottoscritto dal creditore pignorante per confermare la sua autenticità e la sua origine legale.
Chiusura della procedura esecutiva
La procedura di pignoramento del conto corrente può dirsi conclusa quando avviene l’accredito delle somme pignorate al creditore. Questo avviene di solito dopo che il giudice ha emesso un’apposita ordinanza o sentenza che ordina il versamento delle somme pignorate al creditore.
In un’udienza dedicata specificamente a questo scopo, il giudice può disporre il versamento delle somme stabilite al creditore, aggiungendo eventualmente anche gli interessi di mora dovuti in base alla legge o agli accordi contrattuali.
Una volta che le somme sono state trasferite al creditore, la procedura di pignoramento è considerata conclusa e il creditore ha ottenuto il recupero dei crediti. Tuttavia, il debitore potrebbe ancora avere obblighi residui nei confronti del creditore, ad esempio se l’importo pignorato non è sufficiente a coprire l’intero debito. In tal caso, il creditore potrebbe intraprendere ulteriori azioni legali per recuperare il saldo rimanente.
Pignoramento da parte dell’Agenzia delle Entrate Riscossione
Il pignoramento del conto corrente può essere eseguito anche dall’Agenzia delle Entrate in caso di mancato pagamento di cartelle esattoriali. Quando viene emessa una cartella esattoriale, essa viene equiparata a un titolo esecutivo, producendo gli stessi effetti di una sentenza emessa da un giudice. Le regole che disciplinano questo procedimento stabiliscono che non può esserci alcun pignoramento se è trascorso più di un anno dalla notifica della cartella di pagamento. In tal caso, l’esattore deve notificare un secondo atto, l’intimazione di pagamento, che ha efficacia per 180 giorni. Scaduti questi termini, si può notificare un’ulteriore intimazione e così via. Sono considerati illegittimi i pignoramenti effettuati dopo un anno dalla ricezione della cartella o dopo 180 giorni dall’intimazione di pagamento.
Il recupero dei crediti attraverso il pignoramento deve essere comunicato in anticipo, in un periodo precedente a un anno dalla notifica della cartella esattoriale. Dopo la notifica dell’intimazione al pagamento, il debitore ha 60 giorni di tempo per mettersi in regola, pagando l’intero importo o richiedendo la rateizzazione delle somme.
Durante questo periodo, il conto corrente resterà bloccato fino a quando il creditore o l’ente non accetteranno il piano di ammortamento e finché non sarà pagata la prima rata. Se il debitore non adempie entro il termine stabilito, le somme presenti sul conto corrente verranno accreditate all’agente della riscossione fino a coprire il proprio credito. Tutto questo avviene senza la necessità di coinvolgere un giudice o tenere udienze in tribunale.
Tuttavia, se il conto corrente è destinato all’accredito dello stipendio, il pignoramento del conto corrente può avvenire entro limiti ridotti. Le somme già presenti in banca alla data della notifica del pignoramento possono essere pignorate solo nella misura che eccede il triplo dell’assegno sociale. Gli stipendi successivamente accreditati possono essere pignorati secondo specifiche percentuali, calcolate sul netto dello stipendio ma al lordo di eventuali cessioni volontarie di un quinto. Queste percentuali variano in base all’ammontare dello stipendio, con limiti diversi per ciascuna fascia di reddito.
Le strategie per difendersi dal pignoramento del conto
I debitori hanno la possibilità di difendersi e gestire il pagamento del debito attraverso la rateizzazione, che consente loro di dilazionare nel tempo il rimborso del debito. Questa opzione è stata introdotta dall’Agenzia delle Entrate per la riscossione delle cartelle esattoriali e consente ai cittadini di richiedere una rateizzazione per restituire il debito in rate mensili.
Per richiedere la rateizzazione, il debitore deve presentare una domanda specifica, comprensiva della documentazione necessaria, presso uno degli sportelli dell’Agente della riscossione competente per territorio, oppure tramite raccomandata a/r, per debiti complessivi inferiori a 50.000 euro. Se la richiesta di rateazione viene accettata, l’Agenzia delle Entrate Riscossione notifica un atto che indica la ripartizione del debito in base al numero di rate concordate. Le rate mensili scadono nel giorno di ciascun mese indicato nell’atto di accoglimento dell’istanza di dilazione, e il pagamento può essere effettuato anche mediante domiciliazione bancaria sul conto corrente indicato dal debitore.
Le richieste di rateazione sospendono i pignoramenti in corso e impediscono quelli futuri, purché basati sulle cartelle rateizzate. Tuttavia, non sospendono le misure cautelari in corso, come il fermo auto e l’ipoteca, ma impediscono quelle future.
Inoltre, il debitore che riceve la notifica dell’atto di pignoramento del conto corrente può opporsi con un ricorso in opposizione alla cartella di pagamento entro i termini perentori stabiliti dalla legge. L’opposizione all’esecuzione mette in discussione il diritto dell’esattore a procedere con l’esecuzione forzata e può riguardare sia la mancanza originaria del diritto del creditore di procedere all’esecuzione che quella sopravvenuta, come ad esempio la prescrizione del suo diritto.
Il giudice competente a decidere sull’opposizione varia in base al tipo di credito azionato. Ad esempio, per le cartelle relative a sanzioni amministrative o contravvenzioni stradali, è competente il giudice di pace; per le cartelle relative a imposte e tributi, è competente la Commissione tributaria provinciale; mentre per le cartelle relative a contributi previdenziali Inps e assistenziali Inail, è competente il tribunale ordinario, sezione lavoro.
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